Torre civica a Novi: una breve replica al civile dissenso espresso su facebook da un cortese interlocutore

La replica di Italia Nostra

La Carta del Restauro vieta i completamenti in stile dell’edificio nato così, incompleto, perché mai fu portato a conclusione l’originario progetto. Non vieta in assoluto per gli edifici il ripristino nella immediatezza dell’evento distruttivo, quando è viva la memoria ed esauriente è la documentazione di come era. Fu ineccepibile la ricostruzione del ponte di Santa Trinità a Firenze, avversata è vero da Brandi (l’autore della Carta del Restauro), ma sbagliava come poi si è visto. E sulla “Carta” si proietta il sopravvenuto (2004/2008) codice dei beni culturali, con la nozione di recupero del suo art.29.
Il vero
scimiottamento è il progetto proposto a Novi che vagamente allude alla torre
settecentesca, questo il falso. Si abbia il coraggio allora di fare una torre in linguaggio autenticamente moderno e forse potrebbe essere, chi lo sa, un vero arricchimento. Infine, qui non è una integrale ricostruzione, dal nulla, perché della torre di Novi sono conservati fondazione e due piani all’interno dell’edificio che la incorpora. E, se si ricostruisce, l’unica ragionevole via è quella di farla crescere coerentemente, la torre, nei piani superiori, secondo la indicazione insuperabile che viene dalla solida, e non minima, parte superstite.

Italia Nostra, sezione di Modena.

Il commento su facebook

Il com’era dov’era crea solo un falso. Un bene culturale va tutelato e preservato non solo nella sua immagine, ma soprattutto nella sua, irripetibile, dimensione materiale, dal momento che essa soltanto costituisce testimonianza di un’epoca e di una cultura. Il falso non testimonia l’oggi né può, in alcun modo, testimoniare il passato, che è andato irrimediabilmente perduto. Nella carta del restauro è indicato chiaramente che il fine è quello di preservare quel che resta del passato, nel rispetto dell’istanza storica, non certo quello di scimmiottare quel che si è perso. Il “com’era dov’era” è frutto della cultura storicista tardo-ottocentesca, ma adesso siamo nel XXI secolo. Non nel 1902.