Nota critica di Italia Nostra sulla politica dei nuovi insediamenti sanitari. Per carenza di programmazione e con scorciatoie urbanistiche, investiti i territori agricoli. Ulteriore fattore di consumo di suolo.

Le recenti polemiche sulle aree di Gorzano (Maranello) e Vignola come sedi per nuove strutture sanitarie su terreno agricolo non fanno che confermare il filo rosso bicefalo che lega gli investimenti in sanità della Regione Emilia Romagna: assenza di una reale politica di utilizzo delle strutture esistenti e, conseguentemente, sprezzo del consumo di suolo (quello sanitario è un consumo “buono”).
Nel concerto di competenze tra USL e Amministrazioni locali competenti per l’utilizzo del territorio  è dato di constatare un frenetico attivismo, specie presso le scadenze elettorali, per porre mano alle necessarie varianti ai piani regolatori, mentre impera la fumoseria circa l’utilizzo dei “vecchi ospedali” che saranno abbandonati. E quand’anche si individuano le soluzioni, come nel caso del vecchio ospedale Sant’Agostino di Modena il cui abbandono era prevedibile sin dal 1993, non è ancora vicino l’approdo al soddisfacente recupero.

Per non parlare di quando, nei piani finanziari per la costruzione dei nuovi ospedali, la messa a frutto del valore patrimoniale dei vecchi nosocomi da abbandonare viene assunta ad integrazione dei piani di finanziamento, per importi tanto consistenti quanto, spesso, irrealizzabili. Ed il risultato finale è che  le vecchie strutture sanitarie, anche se sostituite dalle nuove, convivono con esse, in stato di semi utilizzo o peggio di abbandono; comunque ancora con peso economico rilevante per gli enti proprietari.

E il quadro regionale non è confortante nella sua omogeneità.

A Piacenza sul  nuovo Ospedale si è aperto il contenzioso giudiziario: alla previsione su un’area di oltre 180.000 mq, (la n. 6  tra quelle proposte dal Comune) è stato eccepito il consumo indiscriminato del territorio e alla speciale variante urbanistica ad hoc, portata davanti al  TAR , è stato opposto il più appropriato rito ordinario, più lento ma in grado di garantire nel merito un esame non superficiale.
A Cesena il nuovo ospedale sorgerà in località Villachiaviche, in una delle pochissime zone ove è ancora presente e leggibilissimo l’originario tracciato della centuriatio romana, a soli mille metri dall’autostrada A14, forse non è l’ambiente più salubre. Quasi 200.000 mq di area agricola investita e nulla di deciso, nei dibattiti in consiglio comunale, sulla destinazione del vecchio ospedale Bufalini di cui si prospetta, tra le tante ipotesi, il riuso del solo 30 per 100.
A Ferrara, per realizzare il nuovo policlinico a Cona, erano stati inseriti nel quadro dei finanziamenti i previsti proventi rinvenienti dall’alienazione dello storico ospedale S. Anna in centro storico, per decine di miliardi di lire; ad oltre 10 anni di distanza dall’attivazione del nuovo Ospedale di Cona il vecchio S. Anna è ancora in parte attivo e nel resto abbandonato e ci si chiede chi abbia provveduto a sanare il buco di finanziamenti.

Anche l’AUSL di Modena e le Amministrazioni locali non si sottraggono allo schema dominante.

A Carpi, la scelta tra le aree possibili si concentra su 2 (distanti poche centinaia di metri!) e, ovviamente, su suolo agricolo; l’utilizzo del vecchio ospedale non sarebbe possibile senza interrompere l’attività sanitaria dicono i responsabili; ma si ricorderà  che l’Ospedale di Carpi venne duramente colpito dal sisma del 2012 e  l’emergenza fu risolta con l’impegno della rete ospedaliera provinciale che assorbì anche i malati di Mirandola, San Felice e Finale Emilia. La transizione ecologica non si dimostra nei fatti un obiettivo reale e rischia di rivelarsi una prospettiva illusoria se non infine  un vero specchietto per le allodole: oggi sono gli ospedali e le strutture sanitarie, domani l’industria ed i posti di lavoro conseguenti (seguiamo  le polemiche per il centro regionale logistico CONAD a Modena e l’ecomostro Amazon a Spilamberto)  in una rete a maglie larghissime dove il pressante  motivo “economico”, sempre presente, vale a bypassare gli obiettivi declamati.
A Sassuolo, ad oltre 15 anni dall’apertura del nuovo Ospedale, quello vecchio è abbandonato ma grava ancora sulle casse pubbliche. Il suo valore immobiliare per molti miliardi era stato posto a completamento del quadro finanziario per la costruzione del nuovo ospedale di Rometta; poiché l’immobile non è stato alienato, spontaneo domandarsi come si è provveduto a saldare le imprese che hanno realizzato l’ospedale nuovo. Con la proposta di dar vita a un nuovo ospedale di comunità per Sassuolo sembrava finalmente possibile recuperare un immobile utilizzato come nosocomio fino ai primi anni duemila (non quindi un ospedale ottocentesco). Invece no, la realizzazione del nuovo ospedale di comunità di Sassuolo troverà posto … a Gorzano (Maranello)! Naturalmente in area agricola, in aperta campagna, e nonostante le proteste delle opposizioni tacitate dalle dichiarazioni del sindaco che il nuovo edificio… non comporterà consumo di suolo.

Maranello

 

Vignola

A Vignola stesso discorso; si perde l’opportunità di espropriare capannoni abbandonati limitrofi all’attuale ospedale (da abbattere e ricostruire come si fece per altre analoghe strutture contigue all’ospedale nei primi anni duemila) e si sceglie una nuova area, ancora in in zona agricola nel bel mezzo di un incrocio stradale ,da destinare al nuovo ospedale di comunità; si perde la grande opportunità, per le dimensioni del bacino di utenza come Vignola, di attivare strutture integrate e finitime.

 

Baggiovara

Analogo discorso a Modena, dove l’ospedale di comunità viene collocato … a Baggiovara, vicino al centro di emergenza di secondo livello, lontano dalla città e dalle possibili integrazioni col complesso del policlinico; naturalmente investendo altro suolo agricolo.

Se si considera che le strutture ospedaliere sono fortissimi centri di aggregazione di interessi e che la sempre più forte integrazione tra pubblico e privato in sanità moltiplica le offerte, la pressione sulle aree limitrofe a quelle ospedaliere non potrà essere trattenuta a lungo; sicché nel breve/medio periodo ogni struttura sanitaria, specie quella ospedaliera, svilupperà una forza attrattiva incontenibile con effetti di ulteriore consumo di suolo, per servizi, attrezzature logistiche e di supporto che la collettività pagherà anche in termini di  inquinamento dovuto alla viabilità di arroccamento e di servizio per l’accesso privato con  parcheggi dimensionati per sempre più numerosi posti auto.
Ovviamente costruire in aperta campagna, su superfici pianeggianti, senza vincoli di sorta, è un incentivo per progettisti, imprese e dirigenti sanitari che non devono confrontarsi con l’esecuzione dei lavori per stralci, e con l’esigenza di coordinare le azioni di cantiere e gli spostamenti di reparti; per non parlare della necessità di dotarsi di uno specifico know-how progettuale e cantieristico che sempre più raramente è dato constatare.
Parlare di transizione ecologica  implica uno sforzo globale che passa anche attraverso la formazione di specifiche professionalità in discipline ingegneristiche e sanitarie di solito estranee a questi compiti e comporta la necessità di impegnare capacità tecniche e imprenditoriali adeguate alle obbiettive difficoltà degli interventi di riuso e ristrutturazione anche di edifici di carattere storico, spesso riconoscibile nelle  strutture ospedaliere. 
Italia Nostra crede che sia compito della politica, delle pubbliche istituzioni. proporre e praticare modelli esemplari di comportamento (efficaci nei confronti di imprese e professionisti) che sappiano affrontare le complessità dei problemi, come di quelli posti dal rinnovo delle strutture sanitarie, pur quando esigano maggiori tempi di esecuzione e più elevati costi, sopportabili se siano in funzione di un meditato riuso dell’esistente ovunque possibile e del conseguente risparmio del suolo, nella consapevolezza della forza e insieme della responsabilità delle risorse pubbliche disponibili. E a questo riguardo viva è la preoccupazione che le stesse vaste disponibilità di fondi del PNRR soggetti a logiche temporali ferocemente compresse favoriscano ulteriormente le più agevoli scelte di nuove costruzioni; sarebbe così andata perduta  un’altra storica occasione.

Italia Nostra sezione di Modena

Modena, marzo 2022.

Foto copertina: area agricola di Gorzano di Maranello