Sant’Agostino – le proposte e il dialogo negato

L’annuncio della imminente apertura del cantiere del “polo culturale” Sant’Agostino tradisce una riconoscibile inquietudine. Italia Nostra mantiene la ferma e motivata opposizione a quel progetto (mai voluta discutere nel merito da Fondazione bancaria e Amministrazione comunale).

Né la Fondazione bancaria proprietaria del vasto complesso che fu l’Ospedale Sant’Agostino, e perciò responsabile della sua conservazione e del suo appropriato utilizzo, né l’Amministrazione comunale, titolare del potere di programmazione degli istituti e dei luoghi di cultura della città, hanno voluto discutere e nemmeno considerare le ragioni che da oltre sette anni l’associazione Italia Nostra argomenta nel merito del progetto che destina il complesso a molteplici ed eterogenee funzioni. Troppo facile il rifiuto pregiudiziale di quelle ragioni con il falso schema polemico di una gretta conservazione dell’esistente che finirebbe per vanificare la stessa finalità conservativa. E Sindaco e Presidente della fondazione si sono negati a un pubblico confronto.

Dicemmo innanzitutto che l’estemporanea soluzione del trasferimento delle due storiche biblioteche (la statale Estense e la comunale Poletti)  per costituire il così detto “polo librario” contraddice la decennale programmazione che aveva impegnato l’Amministrazione comunale ad assicurare a tutti gli istituti del Palazzo dei Musei, siano statali e comunali, la fisiologica espansione nella porzione retrostante dello stesso edificio, finalmente liberata dalla impropria destinazione ospedaliera, così ricostituita la unitaria destinazione dell’intera fabbrica settecentesca dell’Albergo delle Arti. Si trattava di un progetto, definito perfino al livello esecutivo, che sviluppava e valorizzava la lungimirante convenzione Stato – Comune  che aveva negli anni 80 dell’Ottocento apprestato una comune appropriata sede alle raccolte ducali (galleria e biblioteca estensi) e ai musei civici, con gli altri istituti culturali della città, come la biblioteca Poletti e l’archivio storico comunale. In coerenza con questo assetto, quel progetto insieme assicurava il più corretto riuso della vasta attigua porzione dell’edificio settecentesco resasi disponibile con il trasferimento dell’Ospedale Estense, la destinazione, suggerita anche dal buon senso, alla quale  ancora non si saprebbe trovare una conveniente alternativa.

Dicemmo poi che l’acquisto del complesso del Sant’Agostino da parte della Fondazione bancaria costituiva una straordinaria opportunità e che la generosa disponibilità offerta al servizio della città doveva essere accolta nel quadro complessivo delle riconosciute esigenze poste dalle istituzioni culturali pubbliche, come occasione per la loro complessiva programmazione. La straordinaria disponibilità di nuovi spazi imponeva di rivedere il sistema urbano di pubblica lettura e di considerare la opportunità che la Biblioteca Delfini, da biblioteca di quartiere (sia pure quello privilegiato del centro storico) come era stata  concepita all’origine, fosse promossa a  vera e propria biblioteca della città, con la adeguata copertura bibliografica e la dotazione degli ulteriori spazi (soffocanti sono quelli di cui ora dispone) che nel Palazzo Santa Margherita sono oggi occupati dalla Galleria civica e dal Museo della figurina. E appunto Galleria civica e Museo della figurina ben possono trovare adeguata sistemazione nel “polo culturale” del Sant’Agostino.
Questa prospettiva di generale programmazione delle istituzioni culturali della città è invece rifiutata dal progetto del così detto ”polo librario”, concepito come una biblioteca di nuova e moderna costituzione per la più ampia e indifferenziata utenza, nel quale sarebbero confluite (e nel comune assetto funzionale confuse) le due storiche biblioteche, per loro natura, come istituti di ricerca e conservazione, funzionalmente dirette a soddisfare una speciale e più contenuta domanda. E dunque non solo il complesso apparato tecnologico concepito per il polo librario, nel quale andrebbe smarrita l’identità delle due storiche biblioteche, risulta funzionalmente non appropriato al carattere di quella speciale utenza, ma lo stesso assai costoso apparato di deposito con prelievo robotizzato (le così dette “lame librarie”) corrisponde a un modello  ormai desueto e generalmente abbandonato, dopo le negative documentate prove della Grande Bibliothèque a Parigi e della biblioteca di  Bordeaux, ma anche della più vicina Universitaria di Bologna. Né è stata smentita l’informazione che nel trasferimento dentro i più costretti spazi in altezza le settecentesche scaffalature del Termanini sarebbero amputate del loro zoccolo e per altro sistemate non nel polo librario ma nella diversa sezione espositiva del complesso, unitamente al fondo dei codici miniati. Insomma la scomposizione della storica biblioteca palatina.

E sono infine eccezioni di cultura quelle da Italia Nostra opposte al merito architettonico del progetto che vuol realizzare l’intervento contro i principi di tutela acquisiti dalla coscienza della città e divenuti precetto normativo del piano regolatore che considera il centro storico come unitario monumento urbano, ponendo il divieto di alterarne la morfologia con demolizioni (di almeno un quarto del complesso è previsto l’atterramento), radicali trasformazioni strutturali e tipologiche (molteplici i disegnati innesti modernizzanti) ed edificazioni negli spazi consegnati liberi dalla tradizione (23 metri fuori terra, diecimila metri cubi, le due torri librarie) . Mentre il codice dei beni culturali pone la conservazione della identità fisica e storica come la primaria istanza della tutela del complesso monumentale, colpevolmente invece qui tradita, con l’approvazione del progetto, dalla istituzione preposta a quel compito che è irrinunciabile funzione della Repubblica (come comanda l’art.9 della Costituzione).

Non è quindi questione della qualità formale del progetto, che non vogliamo discutere, e pur se le due torri sono passate al vaglio del gusto personale del Ministro (gli piacciono, ha detto – svagato – a Modena qualche giorno fa), rimangono in contrasto con i principi di cultura del codice dei beni culturali (che è compito del ministro far osservare) e sono vietate dalla legge regionale. Italia Nostra è impegnata dal proprio compito statutario a far valere, se nessun altra sua iniziativa sia stata efficace, la garanzia giurisdizionale che copre la tutela del patrimonio storico e artistico.  Perché crede che il rispetto della legalità sia pregiudiziale istanza di cultura e che non possa darsi un “polo”, che si vuole culturale, contro i vincolanti principi dello stesso codice dei beni culturali.

Giovanni Losavio