Dal Covid all’urbanistica tattica

Il post pandemia (ma ne siamo fuori?) ha innescato in tutte le città ed in tutti i paesi del mondo la voglia di riscatto dai tanti mesi passati in casa ed in spazi ristretti, a volte in solitudine, più spesso con le poche persone del proprio nucleo famigliare. La modalità con cui si è data rapida risposta a questa voglia di riscatto in ambito urbano è stata (e lo è ancora) essenzialmente una sola: l’occupazione di strade, piazze, vicoli, carrugi, portici e ogni spazio disponibile (una volta dominio dell’auto) a bar e ristoranti a cui poi si sono aggiunte altre tipologie commerciali prevalentemente dedicate sempre al mangiare e bere. Non che prima non ci fossero spazi, larghi, strade e piazze dedicate alle movida (si fa per dire) ed al cibo. Il fatto è che a risarcimento della trascorsa sofferenza del cittadino, dei magri bilanci delle strutture commerciali, dei posti di lavoro perduti, le amministrazioni con imprevista e generosa sollecitudine si sono date da fare per rilasciare via via decine e poi centinaia di autorizzazioni alla occupazione pure gratuita degli spazi pubblici. E poi, cosa mai vista nelle nostre città e borghi padani, anche con il cambio di uso degli spazi di parcheggio auto su lato strada. È stato infranto per l’occasione il grande tabù del posto macchina sotto casa o lungo il viale, per risarcire una umanità dolente di ex asociali ora socializzanti a gnocco fritto, piadina, birra e lambrusco. Il Covid si può dire che abbia favorito la liberalizzazione di funzioni dello spazio pubblico: altro che Bolkeistein, decreto Bersani, innovative tentate liberalizzazioni e nuova legge regionale urbanistica. E’ cambiato il mondo. Se a Modena si rimedia all’indiscriminato rilascio di concessioni per l’occupazione dello spazio pubblico come perfino in Piazza Grande intorno al Duomo con tanto di super ombrelloni modello “Playa de Cancun”, oppure con la ressa dei tavolini in Via Canalino che permettono il passaggio dei pedoni solo con i trampoli e dei disabili solo con la forza del pensiero, bèh, allora possiamo dire che da questa liberalizzazione sregolata, sgangherata, da sacco di Napoli, un beneficio può derivare e anche oltre la contingenza, se più attenta alle modalità tecniche di attuazione e alla specificità dei luoghi.

A Milano, per esempio, han tenuto traccia di questa richiesta di occupazione di spazio pubblico che dal centro storico si è via via spostata nelle periferie: da poche centinaia a febbraio 2020 ad oltre 20.000 a fine 2021. Di fatto pare dunque che una ben gestita concessione degli spazi pubblici sia diventato uno degli strumenti di urbanistica tattica che da tempo mancava nella gestione della città. E di questa urbanistica tattica hanno approfittato anche le tante associazioni di quartiere e di volontariato nel territorio. Sottoponti e sotto cavalcavia sono diventati spazi sociali per il gioco dei bimbi del quartiere, cinema all’aperto che neanche Tornatore, bocciodromi ed aree per il volley, teatrini e sale scacchi. E per estensione anche attività commerciali del “non cibo” hanno trovato posto, spodestando legalmente (e finalmente) la scatola di latta che si è accomodata “più in là” e in un luogo meno ameno del viale alberato. E pare che, a parte qualche mugugno, la gente, il quartiere, i ragazzi e gli anziani abbiano trovato smart questa nuova destinazione. Alcuni di questi spazi è probabile che rimarranno finalmente senz’auto, riscattandosi dal destino di garage all’aperto di strumenti di inquinamento, predazione di spazio pubblico e non di rado anche di morte. E, volendo, si potrebbe sviluppare questa esperienza nelle prime, seconde e terze periferie, migliorando la qualità delle aree pubbliche, rendendole anche più belle, creando nuovi spazi e luoghi di attrazione che non siano, qui a Modena, i soli della Pomposa, di via Scarpa e lungo il viale del Parco dove pare che sia Natale ogni giorno dell’anno.

Togliere qualche parcheggio (a Parigi ne toglieranno il 50% entro il 2024), piantare nuovi alberi profumati in tutte le strade (troppe non ne hanno), riutilizzare ogni spazio pubblico per il pedone ed il ciclista urbano; installare belle e comode panchine in tutti i viali di accesso al centro città ed in punti di gradevole vista, ridistribuire insomma i vantaggi della urbanità su tutto il territorio, valorizzare gli spazi pubblici, promuovere e rivitalizzare il piccolo commercio anche in aree fuori dal centro storico: è il compito che attende l’amministrazione comunale. I marciapiedi ampi e ben curati stan bene anche in Buon Pastore e in via Giardini; possibile che viali e vie residenziali non abbiano alberi e panchine? Che la città turistica debba essere solo quella che sta intorno all’ombelico della preda ringadora? Ed allora, vai! Con l’urbanistica tattica, affidando se possibile progetto e gestione a chi sa ancora andare a piedi ed in bicicletta (ben conosciamo i progetti auto-centrici).

Lorenzo Carapellese
urbanista, esperto di mobilità urbana.

Modena, 27 giugno 2022

Condivide Italia Nostra le pungenti considerazioni di Carapellese.
Bene dunque anche i dehors se misurati e in contesa vincente negli spazi pubblici con i posti macchina. A quando la liberazione dall’assedio-parcheggio di Viale della Rimembranza? Il piano regolatore del 1965 lo voleva pedonale.

 

 

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