Verso la chiusura dell’Istituto Beni Culturali annunciata dall’Assessore regionale.

Si dice che fosse un epilogo inevitabile e allora la politica della realtà suggerisce di prenderne atto e tentare di ricavarne perfino, se possibile, un qualche beneficio. E’ sotto gli occhi di tutti che per la Regione-politica l’Istituto per i beni culturali, un tempo il glorioso Ibc voluto da Fanti e Emiliani, era divenuto ben presto un fastidio, il relitto inquietante della breve stagione dell’orgoglio regionalistico e della rivendicazione non velleitaria di un nuovo modo di governare che fonda l’esercizio dell’autonomia sulla cultura e sulle sue istituzioni. Si era detto: la cultura chiamata al tavolo della programmazione, con le sue primarie e prevalenti ragioni. Con l’Istituto allora ci si mosse valorizzando l’attribuzione alle regioni delle speciali materie secondo il dettato costituzionale. Quella innanzitutto di musei e biblioteche di enti locali intrattenendo con i Comuni un rapporto nuovo di servizio, animando la riflessione sul ruolo essenziale dei musei civici, dentro un disegno unitario di coordinamento, progettando mostre (come quella originalissima sui patrimoni delle ipab) legati a temi posti dalla attualità della tutela; instaurando un confronto virtuoso con la istituzione statale di tutela specie sui temi del restauro; e, anche in rapporto con la ricevuta delega alla tutela dei beni librari, dando vita a un sistema regionale di pubblica lettura. E la valorizzazione dell’urbanistica come scienza del governo del territorio, caricata della funzione di cura dell’insediamento urbano storico, dei suoi singoli elementi costitutivi, e del paesaggio naturale e artificiato, con gli incisivi documenti della vicenda del popolamento umano nel tempo, per una innovativa tutela, non più selettiva ma capace di disegnare e animare il quadro unitario di contesto territoriale. La normalizzazione/controriforma si espresse dapprima con la modificata composizione del consiglio direttivo, non più espressione della apertura (oltre gli stretti confini istituzionali) alle competenze scientifiche e alle conoscenze maturate non solo nelle università, chiamati gli studiosi alla applicazione politica delle loro discipline. Era stato merito dell’Istituto giovarsi dei giovani ricercatori già formati nelle campagne di rilevazione promosse dalla soprintendenza di Emiliani e a loro si deve la formazione del catalogo ragionato dei beni culturali della nostra regione, come la sede di una originale conoscenza sistematica in funzione delle politiche della Regione, allora consapevole che nel riconoscimento della autonomia dell’Istituto e della sua ricerca risiede la efficacia e la utilità del servizio. Fu normale che alla formazione della prima legge di tutela ed uso del territorio (la 47 del 1978) fosse chiamato a partecipare l’Istituto, che dettò alla lettera la disciplina dei modi di intervento nei centri storici. La distanza da allora è segnata dal recente rifiuto di insediare nell’Istituto il previsto osservatorio sul paesaggio e dalla esclusione dell’Istituto dal tavolo della copianificazione stato – regione che da anni anche qui è stato messo in piedi (inconcludente) per l’aggiornamento del piano paesaggistico alla disciplina (2008) del codice dei beni culturali e del paesaggio. Tuttavia l’Ibc ha continuato a operare fedele ai suoi compiti statutari di ricerca e conoscenza, ha costituito ed è venuto accrescendo via via un corpus unico e prezioso di conoscenze organizzate in dedicati archivi cartografici e fotografici che sarebbe colpevole dissipazione mantenere inerti per una vana futura memoria. Si tratta di ricostituire con urgenza la compagine operativa che negli anni si è venuta assottigliando, per riprenderne la competenza e la passione.
Vogliamo credere che l’Assessore chiudendo l’autonomo Ibc sia consapevole della responsabilità che così assume in proprio, mentre preoccupa il dichiarato intento di porre rimedio alla esternalizzazione (come se tale fosse la funzionale feconda autonomia).

Modena, 1° agosto 2020

Giovanni Losavio.

 

La didascalia della foto: “Bologna 1973. Al Teatro Comunale il
Presidente della Regione Fanti annuncia la costituzione dell’Istituto
beni culturali . Sul palco anche il segretario nazionale di Italia Nostra”.