Dall’Ospedale Estense al Polo Sant’Agostino. Un breve ma indispensabile excursus storico.

Verso la variante urbanistica che nega il restauro, ma vuole la radicale ristrutturazione, del complesso del Sant’Agostino (integralmente monumentale).
Una forse non inutile lettura per i Consiglieri comunali chiamati a deliberare (e forse non inutile neppure per la Soprintendenza).

Dall’Ospedale Estense al Polo Sant’Agostino.

Un breve ma indispensabile excursus storico.

Nel 1753, su volere del Duca Francesco III D’Este, fu dato avvio alla costruzione del nuovo Ospedale estense, collocato a nord della Piazza Sant’ Agostino e a sud dell’antico Spedale della Santa Unione,  donato e affidato nel XIV secolo alla Confraternita dell’Oratorio di San Pietro Martire attiguo ad esso, come ci ricorda il Tiraboschi:
“… e lo Spedale di fatto e l’Oratorio e le case ad esso annesse, erano il luogo dove i confratelli radunavano alla pratica gli esercizi di religione.. L’Ospedale in faccia all’Arsenale venne ingrandito nel 1753 e fu in essa compresa con la nominata antica Chiesa di S. Girolamo, già dei Canonici regolari di S. Salvatore, poi della Santa Unione e che trovavasi in faccia a S. Agostino ove ora è la farmacia dell’Ospedale”
e conferma Giuseppe Campori:
Lasciavo a mano manca la strada della Cerca che conduce alla chiesa di S. Pietro Martire, ove fu la compagnia del detto nome, la più antica e una delle più antiche fra quelle d’Italia, la cui origine egli (Tiraboschi) mette all’anno 1261. A questa compagnia fu affidata alcuni anni dopo la cura dell’Ospedale e detto la Cadè, ossia Casa di Dio”.
Con la sua imponente ed elegante facciata che si sviluppa per 46 metri sul Largo Sant’’Agostino, l’Ospedale fu ampliato a ovest, tra il 1759 e il 1761, per realizzare l’Ospedale Militare, mentre risultava già edificato l’Ospizio dei Pazzi, con un corpo a due piani rettangolare e ortogonale alla via Berengario, iniziati i lavori nel 1755.
Nel 1774 fu costruito il Teatro Anatomico e nel 1775 vennero edificati la Chiesa di San Nicolò con cappella mortuaria e l’alloggio dei frati Cappuccini, a sud dell’Ospizio dei Pazzi.

Prospetto della Chiesa S. Nicolò (1775) e Opificio De’ Pazzi (1755) con muro di cinta (A.S.MO. mappe ECA)
Prospetto della Chiesa S. Nicolò (1775) e Opificio De’ Pazzi (1755) con muro di cinta (A.S.MO. mappe ECA)

Nel 1775 si realizzò una nuova ala a nord del transetto che congiungeva i bracci della tenaglia, intatto ad oggi, ad uso sale operatorie.
Nel 1778 l’Opera Pia che gestiva i servizi ospedalieri, con autorizzazione ducale, chiese alla Confraternita di San Pietro Martire di poter disporre della Chiesa e della Casa degli Ospitalieri per annetterle all’Ospedale ed ospitarvi gli esposti e le nutrici; la Confraternita di San Pietro Martire nel 1783 si trasferì in via San Salvatore.
Nel 1813 furono eseguiti lavori di ristrutturazione nell’Ospizio dei Pazzi, nell’Ospedale Militare e negli uffici al piano terra dell’Ospedale. Due anni dopo furono iniziati i lavori di ampliamento del Teatro Anatomico per ricavarne gli spazi assegnati alle Scuole della Facoltà Medica; nel 1822 iniziò la costruzione del Convitto Medico, attiguo alla Chiesa di San Pietro Martire sul lato nord e prospiciente via della Cerca (l’attuale Via Ramazzini).

Il rilievo dei Cadetti Matematici Pionieri (1835) ci restituisce l’intero impianto edificato ben delineato con tutti gli edifici fin qui elencati.

Rilievo Cadetti Matematici Pionieri 1835 (A.S.C.MO – CMP20 CMP 20-4)
Rilievo Cadetti Matematici Pionieri 1835 (A.S.C.MO – CMP20 CMP 20-4)
Rilievo Cadetti Matematici Pionieri 1835 (A.S.MO mappe ECA)
Rilievo Cadetti Matematici Pionieri 1835 (A.S.MO mappe ECA)
Planimetria di Chiesa di S. Pietro Martire e Convitto Medico – 1822 (A.S.MO mappe ECA)
Planimetria di Chiesa di S. Pietro Martire e Convitto Medico – 1822 (A.S.MO mappe ECA)
Pianta e facciata della Casa Di Dio – rilievo 1835 (A.S.C.MO mappe ECA)
Pianta e facciata della Casa Di Dio – rilievo 1835 (A.S.C.MO mappe ECA)
Trasformazioni edilizie 1753-1840 c.a.
Trasformazioni edilizie 1753-1840 c.a.

Nel 1840 l’Edificio degli Esposti in via Cerca a lato della Chiesa San Pietro viene trasformato in convento per i Fatebenefratelli ai quali era stata affidata la direzione dell’Ospedale e il Ricovero degli uomini. La Casa degli Esposti o Casa dei Bastardelli è trasferita nel fabbricato dell’Ospedale.
La Chiesa di San Pietro Martire con la Casa degli Ospitalieri e il Convento Fatebenefratelli un aggregato quadrangolare compatto e racchiuso attorno al piccolo chiostro dell’antica Chiesa. E’ questo il momento in cui l’antichissimo nucleo religioso comincerà a perdere le sue originarie funzioni e subirà importanti demolizioni per l’esigenza urgente di collocarvi nuove attività dell’ospedale.
Nel 1836 erano stati sopraelevati di un piano le Cliniche Scuole e il Gabinetto Anatomico (il corpo trasversale che congiunge  la tenaglia ovest a Via Berengario). Nel 1848 il Convitto Medico venne trasferito nei locali dell’Ospedale affaccianti sulla piazza Sant’Agostino; nel 1859 l’ospedale Militare traslocò nell’Albergo delle Arti. Tra 1873 e 1874 iniziano gli imponenti lavori di ristrutturazione dell’Ospedale a cura dell’architetto Cesare Costa (ingente la spesa: £. 97.849): l’Ospedale Militare si estende verso nord, sono ampliate le finestre  del secondo piano della facciata sul piazzale Sant’Agostino, sono creati nuovi accessi da Via Berengario. Nel 1879 venne chiusa la Chiesa di San Pietro Martire.
Dal 1899 nuovi ampliamenti e ristrutturazioni: l’abside e il coro della Chiesa di San Pietro Martire furono demoliti e la porzione restante fu adibita a guardaroba; in quello stesso anno fu costruita ex novo la Clinica Ostetrico-ginecologica a nord dell’Istituto (Ex Pazzi) su via Berengario, venne ricostruito il corpo di fabbrica su via della Cerca a fianco della farmacia, mentre furono ristrutturati i vani  ad uffici al pianterreno dell’Ospedale.

Trasformazioni edilizie fino al 1900 c.a.
Trasformazioni edilizie fino al 1900 c.a.

Nel 1902 vennero ristrutturati Brefotrofio e Maternità in via della Cerca; nel 1909 fu soprelevata la Clinica Oculistica in via Berengario e vi fu realizzata la loggia; nel 1911 il Convitto Medico divenne Clinica Pediatrica Silingardi, e fu sistemata la clinica Ostetrica e Ginecologica su via della Cerca. Nel 1913 furono modificate le finestre dell’Ospedale Militare sulla Via Berengario. Nel 1939 fu ampliata e soprelevata la Clinica Dermosifilopatica. Nel 1954 fu intrapresa la più rilevante ristrutturazione  dell’Ospedale, progettata dall’architetto Vinicio Vecchi, che interessò la settecentesca corsia trasversale, incluso il prospetto su Via Ramazzini (ex Cerca) per la istituzione del reparto di oncologia: il reparto fu articolato in due piani con la demolizione delle volte a botte della corsia, in origine a unico volume, e le conseguenti modifiche alle facciate sul cortile e sulla via Ramazzini. Nel 1959 fu sopraelevata la corsia della Sala Orlandi, braccio ovest della tenaglia.

Una prima osservazione. Il settecentesco Sant’Agostino nasce come edificio specialistico ospedaliero, ne ingloba uno preesistente e fino alla dismissione della sua funzione, avvenuta nel 2004, si è venuto conformando nel coerente sviluppo della originaria destinazione in un crescendo di corpi interni all’isolato e aggregati nel tempo, un costruito sul costruito si può dire, ben identificabile nella consistenza materica e formale di ogni elemento costitutivo perfettamente leggibile e rispondente alla specifica utilizzazione. Intenzionalmente l’impianto si pone nei pressi dell’antico Spedale della Confraternita di San Pietro Martire, sulla linea delle mura medioevali.
La inappuntabile preziosa ricerca cronologica, condotta dalla studiosa Frascaroli presso gli archivi storici modenesi, consente di registrare che nella plurisecolare vicenda di trasformazioni dell’intero isolato ospedaliero, tra nuove costruzioni, ampliamenti e ristrutturazioni, un corpo di fabbrica è rimasto sostanzialmente intatto nella sua fondamentale struttura: quello che corrisponde alla quarta ala del chiostro (demolito su tre lati) del più antico complesso medievale di Chiesa e Confraternita di San Pietro in Martire con il precedente Spedale, donato da Guglielmo e affidato alla confraternita nel XIV secolo: si tratta  della Casa degli Esposti, già ex Casa Grande, che il Duca Francesco III nel 1754 ottenne in affitto dalla Confraternita per sistemarvi la Casa di Correzione. L’originario Spedale, forse la struttura storica più preziosa dell’intero isolato, la matrice dello sviluppo settecentesco dell’insediamento ospedaliero e degli accrescimenti ottocenteschi: Il cuore antico, la ragione che indusse Francesco III a porre lì il moderno ospedale della sua riforma dell’assistenza estense.  Quel corpo di fabbrica, che non subì drastici interventi di demolizione/ricostruzione (scontati gli adattamenti interni alle rinnovate funzioni nel tempo e le minime sopraelevazioni anche per raccordo con i fabbricati contigui) è divenuto poi  l’Istituto Pediatrico. Ebbene, il progetto della Fondazione Cassa ne prevede, unitamente a una porzione dell’Ospizio dei Pazzi (1755),  la integrale demolizione per la erezione di un nuovo edificio su pianta più estesa e quindi in diversa sagoma (ridimensionati  ne risultano i due opposti  cortili di affaccio) e così dar sede al Museo della Figurina e alla Fondazione Arti Visive. Richiamiamo sulla documentata vicenda del centrale edificio dell’“Ex Ospedale Pediatrico” la doverosa attenzione della Soprintendenza, mentre registriamo che la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale ha motivatamente negato il proprio assenso alla demolizione di quel corpo di fabbrica, (come della contigua porzione corrispondente al risvolto verso l’interno dell’isolato dell’“Istituto Clinico Dermosifilopatico” che prospetta su via Berengario). Prendiamo atto che questa determinazione, adottata dalla Commissione Regionale nelle sedute del 30 novembre e del 14 dicembre 2017, è comunicata dal Segretariato Regionale a  Comune, Fondazione e Soprintendenza con nota del 21 marzo 2018, dunque in tempo successivo al parere dato dai Comitati Riuniti del Consiglio Superiore nella riunione congiunta del  giorno 18 del mese precedente. Il Segretario regionale  informa che la Commissione ha riconosciuto come superfetazioni, così l’edificio del Pronto Soccorso, come sei minori corpi di fabbrica di recente cresciuti a ridosso delle strutture originarie per particolari esigenze di servizio, e che perciò ne ha autorizzato la demolizione, mentre richiama le ragioni che hanno indotto a negare l’assenso alla demolizione dell’“Ex Istituto Pediatrico, già Antico Ospedale, poi Sala Celtica” e dell’“Istituto Clinico Dermosifilopatico”, perché  “… i due edifici conservano persistenze delle strutture ottocentesche, in particolare al piano terra, inglobate nelle strutture murarie odierne e frutto di ripetute trasformazioni come ben evidenziato negli elaborati pervenuti. Si ritiene pertanto che la totale demolizione di tali persistenze non sia compatibile con la tutela del bene, in quanto porterebbe alla perdita delle linee essenziali della facies ottocentesca”. Neppure è autorizzata la demolizione  del tratto conclusivo dell’edificato su Via Ramazzini in adesione al braccio est della tenaglia e del muro di collegamento alla Casa degli Esposti,  progettata per aprire il varco di un nuovo accesso al complesso, su quel lato appunto.

Una osservazione conclusiva. Non è dunque più in questione la demolizione del blocco centrale del complesso (risvolto verso l’interno dell’edificio dell’Istituto clinico dermosifilopatico con fronte su Berengario e il corpo dell’Istituto Pediatrico) che la Commissione Regionale per il patrimonio culturale, l’unico organo competente al riguardo,  ha definitivamente negato e che certo la possibilistica considerazione al riguardo dei  Comitati tecnici del Consiglio Superiore riuniti il 19 febbraio 2018, dunque in tempo successivo alla determinazione della Commissione (dicembre 2017), non può certo valere a rimettere in discussione. E a quella determinazione il Soprintendente doverosamente si è adeguato richiedendo a Fondazione e Comune con la sua nota del 20 marzo 2018 la documentazione integrativa, in funzione di archeologia preventiva, su ogni escavazione prevista nel progetto e, quanto al corpo dell’Istituto Pediatrico, “gli elaborati delle stratigrafie archeologiche e degli alzati” per verificare la ipotesi, che letteralmente non è esclusa dalla Commissione allo stato delle conoscenze, di una parziale demolizione, di quella sopraelevazione, deve intendersi, che dovesse essere riconosciuta come superfetazione, salve in ogni caso “le linee essenziali della facies ottocentesca”, come ha prescritto la stessa Commissione. Certo è che in ogni caso il progetto della Fondazione, oggetto dell’accordo di programma portato alla conferenza di servizi, deve essere radicalmente rielaborato perché il vasto e unitario edificio progettato sulle aree della prevista demolizione dei due distinti corpi di fabbrica e su pianta  diversa e più ampia (cancellata così la articolata e mossa morfologia dell’edificato storico) non potrà essere realizzato per l’insuperabile divieto. Si tratta del cuore del nuovo insediamento che nel sottosuolo di quelle aree vuol collocare le complesse attrezzature – gli impianti generali – di servizio all’intero complesso funzionale e lì vede adeguatamente sistemati il Museo della Figurina e la Fondazione arti visive, abbandonata la originaria intenzione di polo librario.

Otto mesi di conferenza di servizi, stancamente trascinatasi di seduta in seduta, con il compito assegnato di approvare il progetto della fondazione bancaria (unica unitaria deliberazione che implica la variante), per dover constatare il veto insuperabile della istituzione della tutela. Un veto che non può essere nascosto con l’artificio di una preliminare e autonoma (e perciò formalmente inammissibile, disgiunta dalla abilitazione del progetto) approvazione della variante urbanistica, necessaria per rimuovere la prescrizione di restauro dettata nel complesso del Sant’Agostino dal vigente piano. Quando non v’era dubbio, prima di convocare la conferenza di servizi, che fossero sul punto d’accordo gli unici due enti competenti al riguardo, il Comune e la Provincia (presieduta, come è ben noto,  dal sindaco del Comune di Modena).

Modena, 25 maggio 2018.