Il piano per l’acqua presentato dalla giunta comunale elude i problemi di un razionale e differenziato impiego delle risorse idriche superficiali e sotterranee.

Quali siano i reali propositi dell’Amministrazione comunale per il governo delle acque, superficiali e profonde, è rivelato dalla proposta presentata lunedì scorso, come informa la stampa, all’esecutivo dell’Ato, presieduto dall’assessore provinciale.
1. “Tutela dei pozzi esistenti”, innanzitutto (e dunque dei pozzi dei campi di via Canizzaro e Via Aristotele), con l’assicurazione “niente cemento nelle fasce di rispetto!”. Ma è bene sapere che il Comune impropriamente si riferisce alle minime aree di tutela assoluta immediatamente circostanti ai singoli pozzi (dieci metri di raggio) e non alle vere e proprie “zone di rispetto” che si allargano oltre quegli ambiti. E le zone di rispetto in Emilia e Romagna, non ancora individuate dalla Regione, hanno per legge l’estensione di duecento metri di raggio.
L’amministrazione comunale conferma dunque il proposito di edificazione residenziale nei campi acquiferi di Via Canizzaro e Via Aristotele, contro il divieto (espressione di un insuperabile principio di cautela) imposto per legge, perché la Regione non ha ancora saputo dettare la specifica disciplina delle limitate attività ammesse dal Testo unico sull’ambiente (2006) nelle “zone di rispetto”.
2. Bene, certo, la tutela delle acque di falda inquinate dai nitrati. Ma del tutto eluso è il problema, altrettanto vitale, di un uso parsimonioso del prezioso patrimonio idrico profondo, minacciato di esaurimento, al cui indiscriminato emungimento è connesso il fenomeno della subsidenza. Con i costi incommensurabili dei conseguenti interventi riparatori (il Palazzo Ducale, lo sa l’amministrazione militare, ha rischiato letteralmente di spezzarsi, se non fossero state attuate radicali e onerosissime misure di disarticolazione delle diverse parti della vasta fabbrica).
Nessun accenno infatti all’obbiettivo di limitare al consumo umano le pregiate e limitate risorse delle acque sotterranee e del tutto improprio è dunque il riferimento – in prospettiva di studio – all’impiego per uso potabile delle acque del Secchia. Quando invece alle acque del Secchia, raccolte alla diga del Pescale, sembra indispensabile attingere per i rifornimenti idrici all’industria e all’agricoltura che oggi direttamente pescano nelle acque di falda (con limitata possibilità di controllo anche in ordine alle quantità prelevate dai singoli pozzi) e sono responsabili del documentato e preoccupante deficit nel bilancio idrico sotterraneo.
Modena, 10 novembre 2011.
Italia Nostra – Sezione di Modena