Per la storica – neoclassica – Caserma Fanti a Modena il piano regolatore prescrive il restauro scientifico. L’Amministrazione comunale non può sottrarrsi all’obbligo di impedire la radicale ristrutturazione dell’edificio di riconosciuto interesse storico e artistico. Ne sarebbe corresponsabile.

Con una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività, perverso istituto per la semplificazione nella attività edilizia, che non tollera il ritardo del permesso di costruire) sono iniziati a Modena i lavori per la trasformazione della Caserma Fanti nel condominio di 32 appartamenti di lusso. Si tratta dell’edificio neoclassico che in epoca di Restaurazione gli Este (reintegrati come Austroestensi) fondarono per insediarvi (1823) lo Stabilimento dei Pionieri, militarmente ordinato come scuola delle molteplci arti, con il Convitto dei cadetti matematici per l’abilitazione alla professione di ingegnere anche civile. Un precoce moderno politecnico, una facoltà universitaria di ingegneria edile, tra le primissime in Italia.
Con l’Unità, nelle stesse forme e strutture rilevate nel disegno acquerellato firmato da un cadetto pioniere (1828, conservato all’Archivio di Stato), l’edificio fu adibito a caserma (intitolata al generale Manfredo Fanti) e, senza sostaziali trasformazioni, vi fu negli anni mantenuta la funzione fino al suo esaurimento in tempi recenti e alla conclusiva dismissione dal demanio militare. Nella vicenda nazionale di questa vasta liquidazione patrimoniale non si conosce altro edificio fondato per la funzione militare in epoca preunitaria che, inalterato nelle essenziali strutture e nell’assetto stilistico, abbia mantenuto nel tempo la continuità storica in quell’impiego.
L’interesse storico e artistico dell’edificio (un unicum abbiamo detto nel panorama
nazionale) è stato riconosciuto dalla Commissione regionale per il patrimonio culturale, ma attenuato dalla considerazione (smentita dalla obbiettiva analisi della fabbrica) delle asserite trasformazione nel tempo; negato per altro al bene il valore di testimonianza della identità e della storia delle pubbliche istituzioni che lo avrebbe reso inalienabile [articoli 10, comma 3, lettera d) e 54 codice dei beni culturali]. E infatti la stessa Commissione si affrettò poi ad autorizzare la vendita ai privati, dettando generiche raccomandazioni di destinazioni compatibili con il carattere storico dell’edificio.
Prescrizioni tanto generiche che la Soprintendenza si è ritenuta legittimata ad autorizzare la impresa dell’edilizia acquirente all’asta (con i ribassi da taluni incanti deserti) a trasformare l’edificio neoclassico nel condominio di 32 appartamenti di lusso, secondo il progetto che frammenta gli spazi interni e ne stravolge la organizzazione per ampie camerate nella tipologia dettata dalla speciale e unitaria funzione storica, e perfino apre in un prospetto esterno i varchi di accesso ai garage di servizio. E’ palese la violazione delle vincolanti misure conservative del codice dei beni culturali che per i beni tutelati prescrive manutenzione e restauro (art.29), mentre i modi del restauro come tipico intervento edilizio sono regolati dal testo unico dell’edilizia nella definizione del suo art.3 (che esige il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo edilizio). E violazione pure della vigente disciplina comunale di piano regolatore che registra nelle sue tavole la Caserma Fanti come edificio di riconosciuto interesse culturale e la assegna alla categoria di intervento per restauro scientifico con rigorose prescrizioni di rispetto non solo dei prospetti interni ed esterni, ma pure dell’impianto distributivo- organizzativo originale.
Un progetto, insomma, che portato a esecuzione costituirebbe uno sfrontato abuso edilizio, tanto più grave perché consumato su un edificio di riconosciuto interesse culturale, perfino abilitato dalla autorizzazione della Soprintendenza (quindi partecipe dell’abuso), se tollerato infine dalla Amministrazione comunale. Perché, se è vero che la semplificazione edilizia esonera l’ufficio tecnico comunale dal permesso di costruire, non lo solleva certo dal generale dovere di vigilare sulla attività urbanistico-edilizia e dall’obbligo specifico di verificare la conformità alla disciplina edilizia (certificata dal privato professionista) del progetto di intervento presentato con la segnalazione dell’inizio di attività; e di interdire la continuazione dell’opera quando la verifica sia negativa. Che è quanto insistentemente chiedono Italia Nostra e Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi, sollecitando anche formalmente l’Amministrazione comunale di Modena (palesemente in imbarazzo quando la Soprintendenza abbia approvato) a far valere le proprie autonome regole, disponendo la doverosa immediata interruzione dei lavori per scongiurare irreversibili trasformazioni nelle strutture del monumento. E innanzitutto per non essere partecipe dell’abuso edilizio, perché, come è ben noto, non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Modena, 2 febbraio 2022.

Italia Nostra, sezione di Modena
Deputazione di storia Patria delle Antiche Provincie Modenesi

Caserma Fanti, rilievo acquerellato del 1828