Italia Nostra all’audizione delle Commissioni Consiliari riunite il 28 ottobre

losavio-giovanniItalia Nostra all’audizione delle Commissioni Consiliari riunite il 28 ottobre: il testo messo per iscritto delle dichiarazioni dette dal presidente della sezione modenese della associazione in quell’incontro.

L’audizione è stata opportunamente aperta sulla complessiva unitaria questione Sant’Agostino – Palazzo dei Musei – ex Ospedale Estense, sulla quale Italia Nostra è venuta esponendo la propria motivata opinione lungo l’ormai decennale sviluppo della vicenda, fin dal momento (2005 – 2006) in cui fu chiaro che l’Amministrazione comunale aveva tacitamente abbandonato l’impegnativo progetto (l’unico vero e proprio progetto di politica culturale elaborato dal Comune nell’ultimo ventennio) di restituire unitaria destinazione al Grande Albergo delle Arti, la più grande fabbrica estense dopo il Palazzo Ducale, la più impegnativa impresa edilizia del settecento estense riformatore. Cogliendo la occasione dell’allontanamento della impropria destinazione ospedaliera dalla porzione retrostante al Palazzo dei Musei (pressoché di pari estensione – diecimila mq ciascuna – le due porzioni), l’Amministrazione comunale aveva lavorato a quel progetto con tempestivo anticipo, giungendo alla elaborazione tecnica degli spazi, perfino esecutiva, che organizzava la espansione fisiologica in quella contigua porzione di tutti gli istituti culturali, statali e civici, nel secondo decennio postunitario insediati nel “Palazzo dei Musei” in un rapporto di stretta integrazione tra loro. Soluzione lungimirante e dobbiamo riconoscere oggi modernissima. Ricordammo che il Comune aveva acquistato l’intero edificio (allora di proprietà delle Congregazioni di carità), proprio a quel fine, per scongiurare il rischio dell’allontanamento da Modena delle raccolte palatine (non proprio improbabile) e per affermare idealmente l’appartenenza  alla comunità modenese anche di quelle raccolte che lo stato unitario aveva ereditato dal ducato estense. Unico esempio in Italia di prestigiose raccolte statali insediate (in comodato, quindi uso gratuito) in edifici di appartenenza comunale e il solenne accordo fu sanzionato da una legge del parlamento nazionale. Soluzione che realizzava un duplice rapporto di solidarietà, un primo strettissimo di complementarietà, di galleria e biblioteca estensi, un secondo funzionale e innovativo con gli istituti comunali, di recente allora costituiti, ma già ben caratterizzati come i musei civici, l’archivio storico, la biblioteca Poletti (monumentale la collocazione con la statua marmorea dell’architetto di Pio IX e le due grandi tempere celebrative).

L’abbandono del progetto (cui il ministero aveva aderito impegnandosi ad acquistare la metà parte della porzione retrostante dell’edificio liberata dalla destinazione ospedaliera) non fu deliberato e  nemmeno discusso dal consiglio comunale, ma fu formalizzato in una intesa siglata nel 2007 da sindaco, ministro dei beni culturali, allora Rutelli, e dal nuovo presidente della Fondazione Cassa di risparmio. Il soggetto formalmente privato che, avendo acquistato il dismesso complesso dell’ospedale Sant’Agostino (così sollevando da gravi preoccupazioni finanziarie la discussa operazione dell’insediamento ospedaliero a Baggiovara), aveva assunto – ma gli era stato subito riconosciuto – un ruolo protagonista nella vicenda della cultura istituzionale a Modena. L’accordo prevedeva come è noto il trasferimento delle biblioteche Estense e Poletti nel Sant’Agostino dove la Fondazione avrebbe realizzato un c.d. polo librario nei modi funzionali di una moderna biblioteca di  nuova istituzione e di pubblica lettura. Sui criteri del restauro – recupero del complesso dell’ex ospedale si era da poco espresso il soprintendente nell’atto stesso in cui aveva autorizzato la vendita dall’AUSL alla Fondazione, dettando vincolanti prescrizioni la cui osservanza non avrebbe dato sufficiente spazio alle due biblioteche. Ebbene il ministro espressamente si impegnò a far decadere quelle prescrizioni e il sindaco con la firma all’intesa che prevedeva soluzioni in contrasto con la vincolante disciplina conservativa del piano regolatore con ciò stesso si impegnava a non farla  osservare. Italia Nostra parlò allora di pactum sceleris, con eccesso polemico sicuramente, ma non senza fondamento. Contestò nel merito quella soluzione che con leggerezza rompeva il patto di solidarietà di tutti gli istituti dentro il Palazzo dei musei, lì da oltre un secolo insediati, non riconosceva alla Estense e alla Poletti il carattere distintivo di storiche biblioteche di conservazione e ricerca (non di pubblica lettura) e immotivatamente rigettava il progetto di espansione negli spazi liberati nello stesso edificio dalla destinazione ospedaliera, lasciando senza risposta l’interrogativo preoccupante del destino alternativo di quegli stessi spazi. Italia Nostra disse già allora (2007) che altrimenti doveva essere affrontato il tema di una adeguata informazione bibliografica per la città, attraverso la trasformazione della Biblioteca Delfini (nata come biblioteca di quartiere, quello del centro storico) in biblioteca civica di pubblica lettura con l’acquisizione alla rinnovata funzione di tutti gli spazi del Santa Margherita. E dunque Galleria Civica e Museo della figurina, privi di un radicamento storico insuperabile, ben sarebbero potuti essere trasferiti nel restaurato complesso già ospedaliero del Sant’Agostino, che opportunamente avrebbe potuto prestare la sede ad una innovativa biblioteca digitale multimediale, sviluppo conclusivo del moderno sistema bibliotecario della città.

Critica l’associazione, allora come ancor oggi, dell’improprio ruolo assunto (e riconosciuto dai suoi pubblici interlocutori) dalla Fondazione Cassa,  come ente erogatore di risorse (pubblica l’origine del patrimonio finanziario ereditato e amministrato), non legittimata per la speciale natura e per i conseguenti modi di composizione degli organi direttivi e di gestione, né competente nel merito, ad elaborare in proprio nuove offerte culturali, essendo suo compito per legge e statuto  sostenere e promuovere le attività che entro un determinato territorio di riferimento sono esercitate da soggetti istituzionali pubblici e privati non profit negli ambiti di rilievo sociale individuati nello statuto e in concreto prescelti di tre anni in tre anni (fondazioni grant making, dicono gli studiosi economisti che si sono occupati del rilevante fenomeno).  Le drastiche limitazioni di spesa imposte alle amministrazioni pubbliche locali nella perdurante fase della spending review, a fronte delle ampie disponibilità finanziarie assicurate dalla Fondazione Cassa, hanno  indotto l’Amministrazione comunale a riconoscere di fatto alla Fondazione un ruolo protagonista, anzi egemone, nelle politiche della cultura a Modena, come è reso evidente anche dalla determinazione di conferire nella Fondazione Fotografia (filiazione della Fondazione-Cassa) dapprima il Fotomuseo Panini e da ultimo la stessa Galleria civica e il Museo della figurina, sorprendente rinuncia alla doverosa autonoma gestione pubblica di istituti, come la Galleria civica, caratterizzati da una originalissima storia e integrati nella trama compatta delle istituzioni culturali civiche, musei e biblioteca Poletti. Non si vorrebbe che su questa stessa linea ritornasse in discussione la proposta avanzata un paio d’anni fa, ma poi rientrata (non per ragioni di principio, per ostacoli pratici ritenuti insuperabili), di mettere in una fondazione ente privato, pur se esclusivamente comunale fosse il suo patrimonio, gli stessi musei civici, sul non certo fortunato modello bolognese: la rinuncia a gestire la cultura nei modi propri e responsabili della pubblica amministrazione, la privatizzazione dei musei (le cui raccolte sono parte del demanio comunale) e con ciò stesso di una attribuzione essenziale e qualificante dell’ente territoriale rappresentativo della comunità locale. E certamente il conferimento di due pubbliche biblioteche, sradicate dal loro storico pubblico insediamento, nel “polo librario” della privata fondazione si risolverebbe nella sostanziale privatizzazione dei due istituti e della relativa gestione, come denunciarono su Repubblica Salvatore Settis e  Adriano Prosperi.

La civile contestazione di Italia Nostra, si deve riconoscere, non trovò rispondenza nella opinione della città, neppure in quella più qualificata degli addetti, silente pure l’Università, e all’appello mirato della associazione, poche e riservate le risposte di singoli studiosi. Il segno della tacita forza dissuasiva della Fondazione Cassa, fonte pressoché unica di sostegno delle iniziative culturali non solo istituzionali nella città? Da due anni la voce critica della Associazione amici del Sant’Agostino, dove stanno per altro attivi partecipi di Italia Nostra. Abbiamo anzi percepito un diffuso dissenso  sulla iniziativa di contestazione giudiziaria che Italia Nostra ha ritenuto doveroso intraprendere verso il progetto di radicale ristrutturazione del complesso del Sant’Agostino (integralmente monumentale), ben lontano dunque dai modi del restauro e del risanamento conservativo imposti non solo dal codice dei beni culturali, ma pure dalla legge regionale urbanistica e dal piano strutturale comunale. Salutata poi dalla quasi generale soddisfazione la sentenza del TAR, che ha dichiarato illegittimi il permesso di costruire e l’autorizzazione della soprintendenza, non impugnata neppure dalla Fondazione, perché la motivazione della decisione avrebbe indicato la via per far tuttavia quel che è vietato dalle leggi regionale e nazionale. Ed è stato subito intrapreso (promotore il Comune, una novità) il formale percorso (suggerito dalle prestigiose difese, battute al TAR) per un accordo di procedimento in funzione di un conclusivo accordo di programma, la via sicura fu detto per far passare insieme la variante al PSC e l’approvazione del medesimo progetto bocciato dal TAR. Il sindaco aveva assicurato la conclusione del procedimento entro l’estate (trascorsa invano) e si sono ascoltate generiche dichiarazioni di disponibilità a qualche aggiustamento e di soddisfazione (ben a ragione) per il conseguito finanziamento ministeriale (12 milioni) a sostegno del progetto di messa in sicurezza antisismica del Palazzo dei Musei e della contigua porzione dell’edifico, rimasta senza impiego dopo il trasferimento dell’Ospedale Estense.

Nella stampa erano state registrate le dichiarazioni – a luglio – della direttrice della Galleria Estense che, avendo preso atto che il decreto del ministro aveva assegnato al supermuseo (divenuto, declinato al plurale, Gallerie Estensi) la Biblioteca Estense e che dunque l’aveva radicata lì dove ora sta, prospettava l’avventurosa soluzione (Italia Nostra disse “obbrobriosa”, inorridirono i bibliotecari di mestiere) di mandare  di là nel Sant’Agostino i soli libri moderni (da quando moderni? 240mila?) dei circa un milione della storica biblioteca. Sembrò che non dispiacesse alla Amministrazione comunale una simile operazione di vivisezione nel corpo della inscindibile biblioteca.

Credo che la audizione di stasera sarebbe stata più utile se il Sindaco che qui ci ascolta avesse sciolto la sua riserva e ci avesse detto come interpretare il mancato avvio dell’accordo di programma che aveva assicurato concluso entro l’estate (con la conferma dunque del progetto annullato dal TAR); come si debba intendere la dichiarata disponibilità a riconsiderare taluni profili (quali) dello stesso progetto, l’unico che oggi ancora conosciamo; e se infine concorda con quel che abbiamo sentito dire dalla direttrice della Galleria Estense sul trasferimento nel Sant’Agostino di una minima parte del patrimonio librario della Biblioteca Estense (divenute così inutili le due torri librarie che rimarrebbero pressoché vuote). Insomma l’audizione è stata convocata sul vuoto, negato ogni aggiornamento, quando le posizioni di Italia Nostra e dell’Associazione amici del Sant’Agostino sulle determinazioni fin qui dell’Amministrazione comunale e sul destino delle istituzioni culturali della città son ben note a tutti.

Giovanni Losavio, per Italia Nostra, sezione di Modena.

Postilla. Debbo alla diligenza di una persona amica la segnalazione (chiusa l’audizione) di una deliberazione estiva della giunta comunale che non era stata portata a conoscenza della città nei modi consueti per le determinazioni di maggior interesse, attraverso cioè il comunicato dell’ufficio stampa.  Si tratta della approvazione di un  nuovo accordo Comune – Fondazione Cassa per la progettazione dell’intervento edilizio su Palazzo dei Musei e ex Ospedale Estense finanziato dal Governo come abbiamo ricordato con 12 milioni di euro. Ebbene, non solo la Fondazione Cassa assume in proprio la progettazione e le spese ad essa relative di quell’intervento, ma le indicazioni date dal Comune definiscono le destinazioni di ogni parte del complessivo edificio con assegnazione di determinati spazi ad ogni istituto, confermata lì la Biblioteca Estense, ma in più contenute dimensioni (se cede i libri “moderni” al Sant’Agostino). Di questo sviluppo della vicenda, se conosciuto, si sarebbe potuto tener conto alla audizione. Diremo ora, molto bene se si è finalmente acceduto a dare definitiva sistemazione degli istituti culturali entro gli spazi che furono il Grande Albergo delle arti, così acquisito e restituito a unitaria funzione. Ma poi, perché il progetto non è assunto all’interno della struttura operativa comunale come già è avvenuto per il restauro del complesso del San Paolo, con ottimi risultati? Si intuisce, se l’incarico è dato all’esterno, la ragione di evitare la gara con le sue incertezze, quando con la Fondazione Cassa è facile fin da ora intendersi sulla scelta dei tecnici professionisti, verosimilmente gli stessi che già sono stati impegnati sul complesso del Sant’Agostino. Bene, abbiamo detto, tutta cultura dentro gli spazi lasciati dall’Ospedale Estense. Ma la definizione delle specifiche destinazioni di ogni particella dell’edificio implica la soluzione di merito sul definitivo destino di ogni istituto oggi insediato nel Palazzo dei Musei, scavalca una imprescindibile fase decisionale e sconta il prosciugamento della Biblioteca Estense per il distacco verso il Sant’Agostino del pacco dei “libri moderni”, perché, aggregata alla Galleria, della biblioteca sarà valorizzato il ruolo espositivo – conservativo. Bene invece la previsione del mantenimento lì della Biblioteca Poletti che si è definitivamente consolidata in quegli spazi  nel rapporto di stretta integrazione, e diremmo di servizio, con i musei civici, non solo per il collegamento rappresentato dal fondo dei premi Poletti che costituisce un nucleo museale. Una importante conclusione in ogni caso: per questa indiretta via (il nuovo accordo con la Fondazione Cassa) la città ha appreso che è definitivamente caduto quell’“accordo di programma” che il sindaco aveva assicurato sarebbe stato concluso entro l’estate.

G.L.

 rassegna stampa dell’evento:

http://www.tvqui.it/video/home/141495/santagostino-le-associazioni-sentite-in-commissione.html

http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2016/10/29/news/recupero-ex-s-agostino-il-nuovo-progetto-non-c-e-1.14331256