Attività 2022

Italia Nostra a Modena nel 2022

Sempre attiva la vigilanza critica della sezione sull’esercizio della tutela di patrimonio e
paesaggio da parte della Soprintendenza e sulla gestione della disciplina urbanistica dalla Amministrazione comunale di Modena spesso disattesa in variante di piano attraverso la
conferenza di servizi, su iniziativa della proprietà privata, in ragione di accampati, ma
pretestuosi, interessi pubblici.
1. E’ il caso esemplare del Polo logistico di ambito sovracomunale voluto inserire
nell’insediamento Conad del quartiere La Sacca contro i limiti della disciplina statale e
regionale, travolto l’attuale consolidato equilibrio con l’attigua e così mortificata presenza
abitativa. Fatte giungere alla conferenza di servizi motivate osservazioni critiche al
riguardo.
2. E’ avviato a pratica attuazione il processo di dismissione/privatizzazione del patrimonio
militare diffuso nella città con (prima misura) la conversione a residenza di lusso della
storica Caserma Fanti sul limite a sud del centro storico (esempio unico in Italia di edificio
militare della restaurazione primoottocentesca, dallo Stato unitario mantenuto nella
funzione e integro nelle tipiche strutture fino alla recente sdemanializzazione). Voluto in
proprietà dal Comune per preservarne la destinazione pubblica, subito ceduto alla
Amministrazione provinciale che ha presto rinunciato al proposito di farne la sede dei
propri uffici e con l’autorizzazione dell’Ufficio regionale del ministero ha immesso nel
mercato immobiliare il vasto edificio per le più remunerative utilizzazioni. Gli ostacoli
incontrati nella prescrizione delle pur parzialissime riserve di uso pubblico, su richiesta
della Provincia sono stati sollecitamente rimossi dallo stesso Ufficio regionale, sicché è
stata infine fatta conoscere in città – vistosa la pubblicità che vanta il prestigio dello
storico insediamento – la determinazione di fare della caserma/scuola militare estense il
condominio abitativo di maggior lusso nella città e saranno oltre trenta gli appartamenti
ricavati. Con il formale accesso agli atti si è sorprendentemente appreso che la
Soprintendenza ha autorizzato il progetto di radicale ristrutturazione dell’edificio
(immotivato nel merito il relativo provvedimento, prolisso invece nelle immancabili
prescrizioni di stile burocratico) che altera i prospetti sugli spazi pubblici (con l’apertura
dei varchi di accesso ai garage) e cancella la unitaria specialissima tipologia degli ampi
spazi interni della caserma storica nella frammentazione delle molteplici unità immobiliari.
E i lavori sono stati intrapresi con semplice segnalazione (scia l’acronimo) alla
Amministrazione comunale che sull’affidamento della abilitazione di Soprintendenza si è
rifiutata di interdire la prosecuzione dell’opera, rinunciando all’osservanza della propria
disciplina edilizia, neppure rispondendo alla duplice sollecitazione a fermare i lavori
formalmente rivoltale da Italia Nostra e dalla Deputazione di storia patria delle antiche
province modenesi. La tavola di piano registra l’edificio di interesse storico e artistico e lo
assoggetta al rigore del restauro scientifico, intoccabili i prospetti esterni e l’originale
organizzazione tipologica degli spazi interni. Senza risposta la diffusa motivata istanza di
annullamento in autotutela della autorizzazione di soprintendenza presentata da Italia
Nostra e Deputazione. La sola Italia Nostra indirizza nel febbraio, il cantiere dell’opera è
appena iniziato, un motivato esposto alla Procura della Repubblica, dimostrando che i
lavori in corso entro e contro lo storico edificio non solo costituiscono un vistoso abuso
edilizio, ma pure avviano quella radicale lesione della integrità del monumento che è
sanzionata come reato dall’art.170 del codice beni culturali. Di cui sono partecipi i
funzionari di soprintendenza che hanno autorizzato una simile opera e quelli del Comune
che tenuti a contrastarla non l’hanno impedita. L’attenzione della Procura della Repubblica
è stimolata dal proposito, non già punitivo, di sollecitare invece l’urgente misura cautelare
che valga a interrompere con il sequestro preventivo del cantiere la condotta lesiva
dell’integrità del bene. Il presidente della sezione chiede di essere ascoltato dal Procuratore
della Repubblica, non ha risposta e segnala poi che la prosecuzione di quella condotta è
rientrata nella più severa previsione sanzionatoria nel frattempo intervenuta con il
novellato titolo del codice penale dedicato ai reati, ora delitti, contro il patrimonio storico e
artistico. Dopo sette mesi dalla presentazione dell’esposto quando i lavori vistosamente e
alacremente progrediti legittimano il convincimento che nessuna indagine neppure di
polizia giudiziaria sia stata disposta, il presidente della sezione propone al Procuratore
Generale la istanza di avocazione delle indagini, subito dichiarata inammissibile perché
l’esposto della associazione non è stato considerato una fonte di notizia di reato e tale
quindi da impegnare ad indagini (né avrebbe dato motivo alla opponibile richiesta di
archiviazione), tuttavia da quel momento avviate, come solo allora il presidente della
sezione può constatare perché convocato, persona informata dei fatti, presso il delegato
Ufficio delle Guardie di Finanza, che dimostra che quello per gli ufficiali di polizia
giudiziaria è il primo approccio alla vicenda. Il cantiere e i lavori verso la definitiva
trasformazione della caserma estense nelle abitazioni di lusso (condotti da impresa figlia
di un rinomato brand di moda) sono proseguiti indisturbati e ora, a un anno dall’esposto
della associazione, il fianco dell’edificio che affaccia sulla via pubblica del centro storico a
traffico limitato si esibisce coperto dalle vistose protezioni lignee dei lavori che aprono
otto varchi di accesso ai garage di servizio a otto appartamenti. E siamo proprio di fronte
all’ingresso della sede di uno storico liceo, oggi in restauro. Italia Nostra a ragione ha
potuto infine registrare nel proprio sito che a Modena è sospeso lo stato di diritto: la
Soprintendenza autorizza la distruzione di un bene dichiarato di interesse culturale
particolarmente importante affidato alla sua tutela, l’Amministrazione comunale rifiuta di
esigere l’osservanza della propria disciplina di restauro (scientifico!) e lascia che i lavori di
radicale ristrutturazione vadano a compimento, la Procura della Repubblica puntualmente
informata dei fatti esplicitamente prospettati come speciali reati puniti da severe sanzioni
detentive (perché ledono un bene costituzionalmente protetto) assiste inerte.
Se hanno un senso queste annuali ricognizioni di attività associativa crediamo che ben
possano e debbano incentrarsi sulla più impegnativa iniziativa, descritta perché
rappresentativa innanzitutto del quadro obbiettivo in cui l’associazione per i suoi compiti
statutari è tenuta a muoversi nei rapporti con le istituzioni cui spetta la tutela con compiti
differenziati e convergenti; e rappresentativa anche dei modi dei possibili e doverosi
contrasti che sono dati dal sistema, anche se non vincenti anzi assai spesso perdenti. Ma
crediamo, a malgrado della conclusione, non velleitari e inutili per ambizione sbagliata, né
dunque privi di interesse ed esemplarmente negativi.
Pur delle diverse iniziative si dovrà dar conto, ma in rapida successione temporale e per
essenziali accenni.
3. Sulla più che decennale vicenda del recupero del complesso dell’ex Ospedale
Sant’Agostino (vincente quella iniziativa come abbiamo riferito nella relazione di fine
anno 2021) nella lettera alla nuova Soprintendente ripresi e confermati i criteri di
restauro/risanamento che debbono valere anche per i corpi di fabbrica ottonovecenteschi
arbitrariamente definiti anche in atti ufficiali come non monumentali (rispetto al nucleo
settecentesco), essendo l’unitario complesso integralmente dichiarato di interesse storico e
artistico.
4. Certamente anomala la posizione del cipresso centenario sul margine della via Emilia a
Modena ovest in corrispondenza dell’ottocentesco insediamento militare, abbattuta la
maestosa pianta dalla amministrazione comunale senza averne preventivamente rese
pubbliche le ragioni che date a posteriori sono apparse pretestuose, a fronte dell’apparenza
di un albero dal portamento vigoroso confermata dalla integrità della superficie di taglio
nel ceppo. Motivata la protesta della sezione, anche per l’offesa nel metodo del corretto
rapporto con l’opinione informata.
5. Critica la nota diffusamente motivata indirizzata a Ausl, Assessore Regionale e Comuni
del modenese sulla politica dei nuovi insediamenti ospedalieri e in generale sanitari,
rifiutato pregiudizialmente il recupero/ammodernamento di quelli esistenti e
funzionalmente ben inseriti nei tessuti urbani, per estemporanee soluzioni che allontanano
i servizi dagli utenti e comportano occupazione/consumo di nuovo suolo in territorio non
urbanizzato, aperto per altro e irrisolto il problema del recupero/riuso delle strutture
dismesse. Nessuna risposta neppur di sprezzante dissenso.
6. Pubblica adesione, espressa anche con un indirizzo alla Soprintendenza, al risentimento
dei cittadini di Novi di Modena per la ricostruzione della torre civica, crollata (sisma del
2012) nella parte emergente dall’edificio che la incorporava, secondo un modello di
asserita semplicità ispirata alla cultura del territorio, rifiutato così il modello di quella
caduta che era stata eretta negli anni venti del Novecento su progetto dello stesso architetto
del locale teatro sociale (la soluzione corretta suggerita dai cittadini), come il documentato
assetto della settecentesca torre allora voluta sostituire.
7. Appello alla Soprintendenza perché prenda cognizione dei documentati effetti di
disordine e perfino indecenza (invasione degli spazi verdi con depositi di materiali, perfino
rifiuti, attrezzature di servizio, ulteriori insediamenti di intrattenimento) degli interventi
edilizi di valorizzazione commerciale del Parco della Rimembranza a Modena, promossi
dal Comune e abilitati anche da quell’ufficio di tutela, fermissimamente avversati invece
da Italia Nostra, e provveda quindi a doverosamente prescrivere efficaci misure correttive
per assicurare condizioni minime di decoro nel luogo dedicato ai modenesi caduti nel
primo conflitto mondiale. Appello rimasto del tutto vano.
8. Intervento su AIPO (agenzia interregionale per il fiume Po) che non è valso a fermare
la vasta operazione di sistematico abbattimento dei filari di alberi rigogliosi (pioppi
cipressini prevalentemente) da decenni insediati in prossimità del piede esterno dell’argine
del fiume Panaro in terreni di proprietà privata. Siamo nelle località modenese di San
Damaso, operazione erroneamente dalla Agenzia ritenuta non soggetta a verifica di tutela
paesaggistica, da Italia Nostra invece dimostrata operante e quindi colpevolmente elusa su
vegetazione non ripariale, esterna all’alveo. Alterazione vistosa di un suggestivo assetto
paesaggistico, gravemente impoverito; indifferente anzi assente l’Amministrazione
comunale (competente alla autorizzazione paesaggistica) vanamente sollecitata a
occuparsene.
9. Istanza adeguatamente motivata e documentata rivolta alla Soprintendenza perché avvii
il procedimento di verifica ex art.12 del codice dell’interesse culturale delle settecentesche
Scuderie/stallone ducali (storica pertinenza della Delizia estense Casiglia alla periferia di
Sassuolo, che segnava lo sviluppo a sud del Parco Ducale) oggi appartenenti alla
Fondazione Muller (in epoca napoleonica la Casiglia fu venduta e con la restaurazione non
fu ricondotta alla camera ducale), ente amministrato dalla Curia vescovile.
10. Presentate formali Osservazioni al PUG – piano urbanistico generale – del Comune di
Modena, con speciale riferimento alla nuova disciplina degli interventi nel centro storico
che nella edilizia del tessuto connettivo dell’insediamento consente la così detta
ristrutturazione conservativa (conservato cioè il solo involucro esterno, libera la
riorganizzazione degli interni, concezione meramente scenografica della città storica),
riservato il restauro/risanamento conservativo ai soli edifici specificamente riconosciuti
nella tavola di piano di interesse storico artistico. Italia Nostra chiede che sia mantenuta in
vigore la disciplina del vigente strumento urbanistico che prescrive restauro/ risanamento
conservativo nel tessuto edilizio storico pur se privo di speciali valori stilistico/formali,
documento essenziale, con la tipologia degli interni, dei modi di abitare e di vita nella città
di tradizione. La applicazione della nuova normativa cancellerebbe l’essenza stessa del
centro storico. Non si potrà più chiamarlo così.
11. Appello pubblico a Sindaco, Rettore della Università MORE e Presidente della
Fondazione di Modena (ente originato dalla Cassa di Risparmio), perché affrontino
insieme il problema del conveniente recupero/riuso dei due edifici modenesi, i Cinema
Olympia (1952, prototipo in Italia della sala ad anfiteatro con sezione ad andamento
parabolico, superato il modello a due elementi, platea piana e galleria a gradinate) e
Cinema Principe (1959), progettista di entrambi Vinicio Vecchi. Su iniziativa di Italia
Nostra stati dichiarati di interesse storico e artistico, non più utilizzati e recentemente
messi in vendita all’asta, andati deserti gli incanti: l’Università non dispone di aule di
ampia capienza per i corsi di massima frequentazione e spesso ricorre alla disponibilità di
sale cinematografiche.
12. Attenta osservazione dei lavori in corso (a Modena) nell’estate per la revisione dei
sottoservizi del centrale Corso Canalchiaro che conduce alla piazza del Duomo, con scavi
che hanno messo in evidenza il manufatto cinquecentesco di copertura a volte in cotto del
sottostante canale, potuto, integro, fotografare da un socio della associazione. Mentre si
attendeva la risposta all’accesso agli atti di abilitazione dei lavori (la relativa istanza
segnalava come l’intero sistema dei canali storici sulla cui trama si è fondata e costruita la
città di Modena era stata fatta oggetto nel 1993 del provvedimento di tutela su
documentata richiesta di Italia Nostra), le strutture dell’antico manufatto idraulico nel tratto
scoperto di oltre venti metri lineari sono state demolite e sostituite da prefabbricati
scatolari. Sorprendente la risposta della Soprintendenza che ha riferito di avere avviato su
segnalazione dell’impresa titolare del servizio il procedimento di archeologia preventiva,
consentendo poi la prosecuzione dei lavori nel difetto di interesse dei reperti, fatti tuttavia
rilevare con cura e fotografare (a futura memoria, abbiamo detto). Insomma la
Soprintendenza ha agito nella inconsapevolezza del vincolo di tutela, imposto su iniziativa
dello stesso Ufficio, che per suo compito istituzionale è chiamata a far valere e neppure per
altro ha saputo riconoscere l’interesse di quanto era emerso dallo scavo. E alla rispettosa
contestazione della gravità dell’accaduto, non ha infine inteso ammettere alcuna anomalia
nella condotta dell’Ufficio. Così come alla analoga contestazione dalla associazione rivolta
alla Amministrazione comunale responsabile della conservazione del bene che ad essa
apparteneva e andato perduto, l’Assessore competente ha respinto come pretestuosi i rilievi
critici alla condotta potuta eseguire perché autorizzata da chi ne aveva la competenza. Una
vicenda che pone fondati dubbi sulla agibilità del ruolo di partecipazione democratica di
cittadini e associazioni, ruolo che ha rilievo costituzionale “sulla base del principio di
sussidiarietà” (art.118, ultimo comma, cost.).
13. Italia Nostra nel lontano 1983 aveva denunciato l’abusiva sopraelevazione di un
edificio (soggetto a disciplina conservativa) che si affaccia sulla Piazza della Pomposa a
Modena; e aveva negli anni successivi contrastato l’inspiegabile impegno degli uffici
tecnici comunali anche in spericolati tentativi di inammissibile sanatoria pur a fronte di
ripetute pronunce di illegittimità e demolizione dei giudici amministrativo e civile. Ce ne
eravamo francamente dimenticati fino alla recente (e son passati invano quarant’anni!)
nuova determinazione comunale di fiscalizzazione dell’abuso, cioè una sorta di tassa
sull’illecito perdonato, che non può certo vanificare i giudicati, come ha dovuto ancora
sancire l’ennesima recente sentenza del giudice amministrativo. Una piccola vicenda ma
francamente scandalosa, come non ha potuto a meno di registrare la nostra associazione.
14. I musei sono per legge un servizio pubblico regolato nei suoi propri modi e tempi. E
può essere interrotto solo per ragioni interne alla funzione. Una necessaria premessa. Nota
la avversione di Italia Nostra alla improvvida riforma di organizzazione del ministero che
ha scorporato i musei dalle soprintendenze di cui erano un vivo organo interno
inscindibilmente connesso all’esercizio della tutela e ne ha concepito una innovativa
vocazione aziendalistica anche in funzione di promozione turistica. Ed è avvenuto dentro il
generale quadro dell’innovativo accorpamento delle tre soprintendenze storicamente
ordinate secondo le distinte materie che implicano differenziate competenze disciplinari
(archeologia, architettura/paesaggio, beni mobili di interesse storico/artistico), sicché oggi
il soprintendente dell’unitario ufficio, solo sua la firma, è incompetente in due delle tre
materie assegnate alla sua cura. Nota poi la specifica contestazione di Italia Nostra a
Modena della soppressione della soprintendenza ai beni storici artistici, storicamente
radicata nella Galleria Estense (e fu di Bariola, Pallucchini e Salvini), con la erezione
della stessa Galleria in supermuseo (del tutto arbitraria la generale gerarchia di cui è stata
espressione) ad autonoma amministrazione e direzione per chiamata da fuori. Contestabile
e contestata la annessione di seconda intenzione della Pinacoteca nazionale di Ferrara che
ha messo al plurale la denominazione in Gallerie Estensi appunto. Alle quali è assegnata
anche la gestione del Palazzo Ducale di Sassuolo, aperto al pubblico come una speciale
sezione di museo. Ma usato pure come l’elegante location a pagamento, a chi se la possa
permettere, per feste nuziali o di diversa natura e eventi privati che ambiscano prestigio.
Avviene anche in più illustri musei, ma sempre nei giorni della loro chiusura come servizio
al pubblico. Ci sta nel nuovo degradante sentimento aziendale del museo. Il sabato a
Palazzo Ducale di Sassuolo è giorno di normale apertura al pubblico e quello, per una
speciale meta appartata, di massima frequentazione. Il 1°ottobre, è sabato, l’ingresso
all’edificio è sbarrato, aperto ai soli partecipi dell’evento (loro riservato anche lo spazio
della piazza antistante, il Comune collabora), il festino nuziale organizzato nella Loggia di
Bacco illustrata dal Boulanger e nel fastoso salone (affrescato da Colonna e Mitelli) per il
banchetto attrezzato e lì i numerosi invitati assisteranno pure alla esibizione di ballerini
professionisti, come è stata ripresa dal video improvvisato, circolato poi nel web per
l’invidia degli esclusi. L’uso privato sfrontatamente incompatibile con il carattere storico/
artistico della reggia estense, con interruzione per altro del servizio pubblico di museo, si
pensava che avrebbe dovuto interessare così la Soprintendenza cui è affidato il compito di
tutela del monumento, come la Direzione regionale dei musei che ha compiti di vigilanza
sul corretto funzionamento del sistema degli istituti di quella natura qui in Emilia
Romagna. Dai due Uffici, doverosamente informati della sorprendente vicenda, nessuna
reazione , neppure un cenno di ricevuta.
15. La settecentesca Villa Sorra a Castelfranco Emilia (siamo in area culturale bolognese,
quel comune annesso alla provincia di Modena negli anni Venti del Novecento) è oggetto
dell’interesse di Italia Nostra fin dalla costituzione della sezione, avendo l’associazione
salutato come condizione di migliore tutela l’acquisizione pubblica del prezioso edificio di
residenza nobiliare e di quelli di servizio (monumentali le scuderie) della vasta tenuta
amministrata dalla illustre famiglia bolognese, integrati nell’ambiente agricolo attraverso
un sapiente disegno di prospettive e percorsi alberati, protetto il giardino ottocentesco
contiguo, sapiente il disegno di gusto romantico, neogotica la serra/limonaia per il ricovero
invernale delle piante in vaso, sullo sfondo oltre le vasche sull’asse, dalla più fitta
vegetazione traspare il rudere per artificio di un castello. Mai voluta seriamente
considerare la motivata e insistita proposta di Italia Nostra di fare di quello straordinario
complesso il monumento di se stesso come si usa dire con espressione forse consumata, il
documento storico di qualità del paesaggio agricolo settecentesco come abitato e
amministrato da una cospicua famiglia bolognese, rigoroso il restauro della villa di colto
disegno barocco che conserva intatto il suo assetto funzionale (le complesse cucine e i
relativi servizi di dispensa e cantina nel seminterrato), al piano nobile anche il vano
segreto della cappella con l’altare, ripristinabili le tempere di decoro custodite ora nel
museo civico modenese; e se gli arredi originari sono andati dispersi, il luogo si presta a
divenire il museo in formazione dell’arredo di dimora settecentesca di qualità, che ha
speciali caratteri in questa area emiliana tra Modena e Bologna. Le scuderie che abbiamo
detto monumentali e gli altri edifici del lavoro agricolo ben si prestano a ricevere e esporne
gli strumenti tradizionali (ordinando quelli che già lì, provengono da una donazione, sono
ricoverati). Certo un progetto impegnativo che saputo condurre sa trovare una sicura
attrattiva anche ben oltre l’orizzonte regionale. Ma i denari sono stati trovati, decisivo il
finanziamento regionale mediatore di quello europeo, per la corriva banale soluzione di
fare di Villa Sorra negata nel suo valore di specialissimo bene culturale un generico
contenitore di usi che non hanno alcuna attinenza al carattere storico della nobile
architettura e del luogo e anzi per poterci stare (meglio starebbero in edificio concepito e
misurato oggi per quell’uso) impongono anche sostanziali modifiche strutturali degradanti.
Il progetto indulge alle sollecitazioni di un consumo che vuol nobilitarsi con il richiamo
alla tradizione culinaria locale come sapori e saperi e il seminterrato ospiterà la esibizione
dei prodotti tipici del territorio, oltre alla moderna cucina che sostituisce quella che ancora
c’è, vasta la cella frigorifera, per il servizio di ristorante al piano rialzato che, ovviamente
non sempre attivo, si presta a divenire spazio espositivo pur sempre connesso agli interessi
dei saperi e dei sapori. E il piano nobile ospiterà gli uffici della complessa impresa di
attivazione/gestione del progetto, con le modificazioni anche strutturali imposte dalle
postazioni funzionali di lavoro del personale impiegato. Nessun interesse per l’architettura,
neppure è prevista la ricostruzione della lanterna/torretta, distrutta da un fulmine molti
decenni fa (ma l’edificio era già in mani pubbliche e allora non voluta subito restaurare)
che è elemento essenziale perché ad essa tende come al suo sigillo il moto ascensionale
della volta del grande vano centrale che attraversa l’intera altezza della fabbrica. Neppure
da dire che il progetto ha la licenza della Soprintendenza e Italia Nostra è riuscita in
extremis a ottenere soltanto che le cucine della attività di ristorazione con le ovvie
moderne attrezzature imposte da sicurezza e igiene siano allontanate dalla serra e dal
giardino (per finire abbiamo visto, però, nel seminterrato della villa) e le recenti
dichiarazioni del Sindaco di Castelfranco ci dicono che la preclusione della
Soprintendente (sopravvenuta alla approvazione del generale progetto) sarà interpretata
con liberalità, perché non si è rinunciato a usare la serra per minori attività di ristoro e
intrattenimento, ma sempre si assicura compatibilmente con le esigenze di ricovero della
piante di limoni).
16. E’ un tema che presenta profili di analogia quello del civico Torrione di Galasso Pio
che è isolato massiccio corpo quattrocentesco del Palazzo dei Pio a Carpi, perfettamente
conservato, da anni liberato dalle funzioni di pubblica amministrazione (c’erano stati anche
gli uffici della Pretura) ed erano venuti alla luce sotto un controsoffitto affreschi di
straordinario interesse. Ora si avviano a conclusione i lavori di restauro e riuso e già si è
constatato che la loggia di culmine, da sempre aperta, è stata sigillata con specchiature di
vetro per farne, contro la sua funzione, uno spazio espositivo. I vecchi tradizionali infissi
già sono stati sostituiti ai piani con vistose dissonanti imposte moderne. Anche qui
l’architettura è considerata come contenitore generico di attività che non hanno rapporto
con il carattere del luogo, per un uso intensivo. Che qui esige anche per ragioni di
sicurezza un nuovo collegamento verticale, una struttura esterna con scala metallica e
ascensore, sia addossata a Torrione o distaccata richiederebbe i varchi di collegamento ai
piani nella continua cortina quattrocentesca. Alla Soprintendenza, che ha fin qui
assecondato il progetto, ferma la rivendicazione pregiudiziale di Italia Nostra della
integrità della struttura muraria quattrocentesca e del rifiuto di alcun ingombro esterno a
negare la storica condizione di isolamento del Torrione di Galasso Pio.
17. Difficile la tutela della architettura, anche di alta qualità, del Novecento inoltrato. E sia
pure opera di Piero Bottoni (fine anni Trenta) pubblicata su Domus e Edilizia Moderna,
registrato e documentato il progetto come Casa per due Sposi a Modena, nell’Archivio
Bottoni presso il Politecnico di Milano. La Soprintendenza competente a promuovere il
procedimento risponde secca alla istanza di tutela, ad essa rivolta da Italia Nostra, che non
ne ricorrono le condizioni, perché nell’edificio non è ravvisabile l’interesse
particolarmente importante richiesto dall’art. 10 del codice per i beni di appartenenza
privata. E inammissibile è stato dichiarato dalla direzione generale del ministero il ricorso
gerarchico proposto contro il provvedimento immotivato della Soprintendenza, perché il
procedimento di dichiarazione dell’art.14 dello stesso codice è di ufficio, ammessa soltanto
la proposta dell’ente territoriale interessato, e sulla istanza di Italia Nostra neppure v’era
obbligo di provvedere, di grazia quindi che l’ufficio abbia risposto e al diniego non è dato
alcun rimedio. E il Bottoni modenese sarà travolto da una radicale ristrutturazione. Perché,
si deve domandare l’associazione, non può essere riconosciuto anche a Italia Nostra (per
analogia se si voglia) l’interesse qualificato dell’ente territoriale? Che per altro nei modi
dello strumento urbanistico può dettare efficace disciplina conservativa dei beni immobili
meritevoli di tutela del proprio territorio.
Modena, 28 febbraio 2023.